Per la rubrica “Di Arte e di Formaggi” a cura di Antonia Di Nucci, la riscoperta di un’opera realizzata da Palumbo nel 1762 che svela il ruolo dei pastori nel presepe tradizionale.
Presepi, zampogne e pastori. Pensando a quale opera commentare per il periodo natalizio che racchiudesse un po’ tutti questi elementi mi è tornata in mente la tela di un artista agnonese, Francesco Palumbo, che visse ed operò a Napoli mantenendo però sempre un forte legame con la sua terra d’origine.

Adorazione dei Pastori, Francesco Palumbo, Agnone
La tela dell'”Adorazione dei pastori’, realizzata da Palumbo nel 1762, è conservata nella ricchissima chiesa agnonese dedicata a S. Antonio Abate. Gli studiosi hanno individuato due possibili fonti d’ispirazione dell’artista: le scuole di Francesco Solimena e Paolo De Matteis, e il mondo coloratissimo e pittoresco del presepe napoletano che nel Settecento ha vissuto il suo secolo d’oro. [1]
Facciamo però un passo indietro e torniamo alla Palestina di circa 2022 anni fa. A quel tempo, i pastori non godevano di una buona reputazione : considerati impuri, erano esclusi dalle cerimonie religiose e non avevano accesso al tempio. La loro testimonianza nei processi civili non aveva alcun valore ed erano sostanzialmente degli emarginati.
Nonostante quindi non godessero di alcuna considerazione sociale e religiosa, Luca nel suo vangelo (2, 8-20) ci riporta che per primi furono i destinatari dell’annuncio della nascita di Gesù Cristo, per primi si recarono alla grotta e per primi annunciarono l’evento prodigioso. Ancora oggi a Betlemme viene chiamato “Campo dei Pastori”, il luogo dove i pastori ricevettero l’annuncio degli angeli.[2]
Una piccola curiosità: nei Vangeli non si parla esplicitamente di capanne o grotte, si menziona soltanto la mangiatoia dove la Madonna avrebbe deposto in fasce il figlio appena nato.

Presepe tradizionale nel negozio di Isernia del Caseificio Di Nucci
Guardando però il paesaggio di Betlemme, roccioso e pieno di grotte naturali dove ancora oggi i pastori si rifugiano con gli animali, gli studiosi ritengono possibile che Gesù sia nato in una di queste grotte adibite a stalle per gli animali e ricovero per i pastori. [3]
Tornando alla nostra opera, Palumbo pone proprio al centro della composizione la figura piramidale di Maria nell’atto di s-velare ai presenti Gesù Bambino, deposto nella mangiatoia. La luce che proviene dal corpo del Bambino è così forte che il pastore in primo piano sulla sinistra, inginocchiato e con il cappello in mano, è costretto a coprirsi gli occhi con la mano.[4]
Gli altri due pastori, più giovani, suonano zampogna e ciaramella. Uno ha lo sguardo rivolto verso la mangiatoia e un’espressione dolce e contemplativa; l’altro ha un’espressione concentrata, le guance tonde e rosse dallo sforzo, le dita affusolate intente a modulare la melodia proveniente dall’otre gonfio della zampogna.
Strumento antichissimo, nato dall’ingegno dei pastori e amato persino dall’imperatore Nerone (come ci racconta Mauro Gioielli nell’articolo pubblicato sul nostro blog [5]), la zampogna veniva suonata dai pastori abruzzesi e molisani lungo le strade di Napoli durante il periodo natalizio.

La adorazione dei pastori (Rubens,_Fermo)
Gli stessi pastori sono perciò immancabili nei presepi napoletani.
Più precisamente, nel presepe napoletano non può mancare la figura del pastorello Benino o Benito rappresentato solitamente in due pose: sdraiato a terra addormentato e con espressione di stupore e meraviglia nei pressi della Natività. Tutto il presepe in realtà non sarebbe altro che il frutto del sogno di Benino che è quindi personaggio essenziale di tutti i presepi. [6]
Il legame tra il Natale e il mondo pastorale di ieri e di oggi è fortissimo.
Con la speranza che questo viaggio tra i pastori della Palestina di 2000 anni fa, gli zampognari nostri conterranei e i pastorelli dell’iconico presepe napoletano sia risultato interessante, vi facciamo gli auguri più calorosi di buona Epifania!
Antonia Di Nucci
[1] Dora Catalano, Zampognari e zampogne nell’arte molisana, Scapoli 2001, pp 43-45.
[2]Secondo la tradizione, e come riportato da alcuni grandi personaggi che nei secoli hanno visitato la Terra Santa, i pastori sarebbero stati tre e sarebbero stati sepolti nella chiesa di Betlemme costruita più tardi sul posto dell’annuncio. https://www.pellegrinaggiointerrasanta.it/luoghi-santi/campo-e-grotta-dei-pastori/
[3] Volfango E.Pax, Dove Lui è passato. 2000 anni dopo, Centro Stampa Editoriale Bonechi 1998, p 32
[4] In molte opere gli artisti rappresentano Gesù Bambino luminosissimo , mettendo su tela la frase del Vangelo di Giovanni “Io sono la luce del mondo”. Basti pensare all’imponente tela dell’’Adorazione dei pastori” di Pieter Paul Rubens conservata nella Pinacoteca Civica di Fermo, realizzata dal grande artista nel 1608: stesso gesto di Maria che scopre il Bambino, stessa luce accecante, stesso gesto del pastore in piedi che si copre gli occhi con il dorso della mano.
[5] https://www.caseificiodinucci.it/storie-di-transumanza-un-viaggio-straordinario-nel-mondo-della-zampogna/
[6] https://www.napolitoday.it/cultura/presepe-napoletano-origini-significato-personaggi.html

Il Pastore Benino, che sogna il presepe e la nascita di Gesù