Allevatori di montagna. Succede almeno una volta l’anno. A volte in modo più impetuoso, altre in modo più dolce. Ma la bufera di neve torna sempre a visitare l’Alto Molise, terra interna nel cuore dell’Appennino, dove le nevicate sono ben note e se ne ricordano di clamorose, come quella del 1956 o la più recente del 2012. E sarà da ricordare anche la grande nevicata che dal 5 al 9 gennaio 2017 ha sommerso di bianco tutto il territorio, arrivando anche a due metri tra le vette più alte ed i paesi più ad alta quota come Capracotta.
In situazioni difficili come quelle dei giorni della tormenta, tra strade chiuse, disagi alla viabilità, impossibilità di liberare i passaggi a causa della bufera (che alza la neve da terra e la trasporta dove vuole sulle ali del vento), soccorsi a chi vive in case isolate e a chi si sente male o resta bloccato nell’auto nel tentativo di andare a lavoro, cosa succede alla zootecnia locale? Come gli allevatori di montagna, grandi lavoratori silenziosi ed insostituibili, riescono a prendersi cura degli animali, tra le condizioni impervie del gelido inverno?
Lo abbiamo chiesto ad un allevatore e ad un’allevatrice, 2 dei rappresentanti delle 15 aziende di allevatori disseminate nelle campagne alto molisane, che ogni giorno forniscono il latte al Caseificio Di Nucci e che vivono le stesse difficoltà. Testimoni di grande dedizione al lavoro, di amore per la propria terra e custodi di un mondo, quello della pastorizia, che fa parte delle nostre radici e delle radici dell’Alto Molise.
Marino Amicone ha 37 anni e si occupa di un allevamento di vacche da latte sul territorio tra Agnone e Capracotta, precisamente in contrada Macchia di Capracotta. È un allevatore, ma anche un veterinario. Un giovane appassionato della sua terra, uno di quelli che dopo un’esperienza fuori ha scelto di tornare. Per lui e per la sua famiglia – anche i suoi nonni avevano gli animali e uno dei nonni sapeva trasformare il latte in formaggio – le grandi nevicate non sono una novità. Ma questo non significa che non ci siano difficoltà. «Uno dei problemi è che ci sono bassissime temperature – racconta Marino – e capita che si congelino le tubature per il rifornimento idrico agli animali. Stavolta, siamo riusciti a risolvere subito, ma possono esserci delle complicazioni. Un metodo per evitare il gelo dell’acqua degli animali è quello di lasciarla un po’ aperta». Altri disagi ci sono per portare il fieno nella stalla dove sono ospitati gli animali, che in inverno quando è freddo restano al chiuso, sviluppando una grande capacità di auto-riscaldarsi, grazie al calore prodotto dai loro corpi. Un tempo, ci spiega il veterinario-allevatore, veniva adibito a fienile il piano di sopra della stalla, collegato ad un passaggio interno all’abitazione degli allevatori. Tramite un buco nel soffitto della stalla, si riusciva a far cadere il fieno nella mangiatoia per rifocillare i bovini. Una specie di mega-tunnel verticale che permetteva di portare il cibo direttamente nella corsia di alimentazione. Adesso però questo stratagemma è poco utilizzato. «A volte succede che a causa della bufera venga a mancare l’elettricità – spiega Marino Amicone -. E senza energia elettrica non si riesce a mungere. Bisogna avere come scorta un gruppo generatore. In un paese qui vicino, a Montazzoli (provincia di Chieti), c’è stato un black-out e le persone hanno avuto bisogno di aiuto». E poi c’è il problema principale, quello della fornitura del latte al Caseificio Di Nucci.
Le vacche vanno munte due volte al giorno e producono dunque, ogni giorno, tanti litri di latte fresco, che se non viene trasformato in formaggio può andare perso. Ci sono allevatori già forniti di trattori, i quali riescono da soli a creare dei passaggi sulle strade e ad evitare di rimanere bloccati nella tormenta, altre volte devono ricorrere all’aiuto del servizio di sgombero neve dei comuni. Ma quando c’è bufera, i percorsi liberati non lo restano a lungo. «Fino a due giorni, riusciamo a conservare il latte appena munto nei frigoriferi di stoccaggio – racconta Marino – ma poi va trasformato. Noi facciamo un po’ di formaggio, perché abbiamo l’agriturismo Guado Cannavina, ma è indispensabile che avvenga la raccolta».
Marino Amicone è anche veterinario e deve quindi occuparsi di altri animali in caso di emergenza. Gli è capitato proprio in questi giorni di essere chiamato da un allevatore perché una vacca si sentiva poco bene. «Non potevo non andare – racconta Marino – ci sono rischi per guidare per raggiungere altre località di campagna, ma con impegno, i giusti mezzi e la comunicazione con chi si occupa del servizio di sgombero neve, si può fare. Certo è che bisogna essere organizzati. Io ho comprato delle ciaspole e le consiglio a tutti i miei colleghi. È l’unico modo per camminare in sicurezza quando ci sono neve e bufera».
Cosa significa, allora, essere allevatori di alta montagna? Abbiamo chiesto al nostro allevatore-veterinario. E cosa ne pensa di quanto stanno vivendo gli allevatori nelle zone colpite dal terremoto, come Amatrice? «È una sfida impari rispetto a chi lavora in pianura. Ma c’è soddisfazione, perché nascono prodotti di grande qualità. Nei mesi caldi, quando non c’è la neve, gli animali vanno al pascolo e le erbe naturali che mangiano trasferiscono le loro essenze nel latte. È un sapore che si sente al palato ed è tipico di ogni territorio. Ogni sapore è diverso, perché le erbe sono diverse e si adattano ai diversi climi, ed ogni montagna è diversa dall’altra». «Gli allevatori delle zone terremotate – aggiunge Marino – vanno aiutati in tutti i modi. L’allevamento, l’agricoltura, sono settori trainanti nell’economia italiana, per questo gli allevatori dovrebbero avere priorità. Non possiamo ora renderci conto della situazione drammatica che queste persone stanno vivendo, ma sicuramente devono avere la possibilità di lavorare, devono essere incentivati a produrre, altrimenti oltre ai disagi presenti avranno il futuro compromesso».
Mina Marcovecchio è un’allevatrice di 54 anni. Da almeno 20 anni si occupa dei suoi animali, che riescono a produrre circa 2 quintali di latte al giorno. Vive e lavora in contrada Sant’Onofrio di Agnone, zona ad alta quota particolarmente prediletta dalle tormente di neve. Svolge il suo lavoro col marito Fernando Catalano, ma spesso anche da sola. Qual è la sua giornata tipo? Si sveglia alle 5 del mattino. Il tempo per un caffè e poi subito in stalla, dove si prende cura delle sue vacche. Ogni giorno deve dar loro da mangiare, pulirle ed occuparsi della mungitura. Lo fa per circa 3 o 4 ore al mattino e poi nel pomeriggio dalle 15.00 alle 19.00 circa. «È un lavoro duro – racconta Mina – e quando nevica le difficoltà si triplicano. Si può fare solo se si è mossi da una grande passione. È troppo faticoso e se non hai passione, non puoi farlo». La stalla di Mina è a circa 700 metri dalla sua casa. Quando nevica, quindi, deve imbacuccarsi per bene ed incamminarsi a piedi tra le intemperie, per raggiungerla. Non rifiuta di imbracciare la pala e di farsi strada, anche se il grosso dei cumuli nevosi riescono a toglierli grazie all’aiuto di un trattore. «Capita che salti l’energia elettrica – racconta Mina – ed una volta è stata un’odissea.
Siamo dovuti uscire alla ricerca di un gruppo elettrogeno nella bufera. Neanche i termosifoni in casa funzionavano più e noi eravamo zuppi d’acqua. È stata dura». Ripercussioni, con il freddo, ci sono anche per la produzione di latte. «Le vacche sono abituate a stare fuori – spiega Mina Marcovecchio – anche quando è inverno, se c’è una bella giornata, le faccio uscire. Ma se c’è la neve e le intemperie, sono costrette a stare dentro e ne risentono. Quindi fanno anche meno latte. E poi bisogna stare attenti e curarle per bene, per evitare che si ammalino». È capitato anche che durante la tempesta di neve, una vacca abbia partorito. «Anche adesso ce n’è una che è in procinto di partorire, il piccolo potrebbe nascere già la prossima settimana – racconta Mina – e dobbiamo essere pronti ad aiutarla. Sono sempre presente quando partoriscono le mie vacche.».
I suoi primi ricordi al Caseificio Di Nucci risalgono a quando aveva 6 anni e si divertiva a fare scherzi ai casari intenti a creare i formaggi. Finché un giorno, è caduto nella salamoia. Ma in realtà, a Francesco, oggi 28enne, è sempre piaciuto il mondo del caseificio, tanto che ha deciso di studiare Scienze e tecnologie alimentari all’Università, prima in Molise, per poi specializzarsi a Parma.
Appena laureato si è immerso tra i vapori e profumi della produzione casearia, inizialmente affiancato dal padre Franco Di Nucci, da cui ha appreso la gestione delle paste filate, come comprendere le fermentazioni e altre competenze tecniche. Adesso è responsabile produzione e qualità: «Mi occupo di fare i campionamenti, leggere le analisi, attuare delle migliorie, nell’ottica del miglioramento continuo. È una ruota della qualità: un lavoro empirico, che tocca la microbiologia e la chimica del formaggio».
L’altra passione di Francesco è la recitazione, che intende come un tutt’uno con la vita: «sul palco si vive “il qui è ora” un concetto che va esteso alla vita stessa e anche al Caseificio». Tra tutti i formaggi, la Stracciata e il Caciocavallo gli ricordano le dispute tra bambini per chi riusciva ad aggiudicarsi la testa. Ma trova pazzesca la Scamorza con il Peperone secco dolce di Altino.
«Qui c’è sempre da imparare. Mi piace lavorare con persone che mi hanno visto crescere. Con Lucia giocavo a pallone nel retrobottega e adesso lavoro con lei e con gli altri collaboratori in equipe. Questo mi fa sentire al sicuro, mi sento a casa».
Commessa in negozio e digitale, Marcella è tra le nuove arrivate al Caseificio Di Nucci, ma dall’entusiasmo e dall’impegno che mette nel suo lavoro sembra una veterana. Ha 24 anni ed ha studiato all’Istituto Alberghiero di Agnone. Dopo aver fatto esperienza in un negozio di frutta è approdata al Caseificio Di Nucci, dove lavora al servizio dei clienti sia presso il punto vendita di Agnone in via Roma che nel reparto confezionamento del settore e-commerce, dai cui partono i formaggi che arrivano in tutta Italia.
«Imparo tante cose nuove e sono contenta di essere in un ambiente stimolante. Se ho una giornata storta, qui mi torna il sorriso». A Marcella piace spiegare quali siano i gusti delle varie stagionature e come la Stracciata all’assaggio possa destare meraviglia. Quando sta per arrivare Natale o un’altra festività, è il momento che preferisce, divertendosi a creare cesti e confezioni particolari con creatività.
La Stracciata morbida è il suo formaggio del cuore. Ma Marcella ha un segreto: adora la Scamorza di pasta di caciocavallo con il tartufo e la sua collega Pina gliene lascia una da parte appena fatta. Non ditelo a nessuno.
Ama definirsi “agnonese di Capracotta”, per l’infanzia trascorsa nel paese in cui è nato, per le estati vissute tra i profumi della latteria del nonno Giovanni sul tetto degli Appennini del Molise. Il nonno voleva che Franco Di Nucci facesse l’ufficiale dell’esercito, ma amava il suo lavoro, tanto da divenire il primo massaro ad aprire un’azienda di famiglia di proprietà. Lo conduceva spesso in questo mondo fatto di antichi saperi, dai giocattoli ideati con la pasta filata del formaggio alle storie di transumanza.
Dopo gli studi in lettere e filosofia all’Università di Napoli, Franco, che intanto aveva già conosciuto Rosetta, è tornato ad Agnone per stare con lei e mettere su famiglia. Nel 1980 ha preso possesso dell’attività con l’obiettivo, poi raggiunto, di trasformare il Caseificio Di Nucci in un’azienda. Negli anni ha ampliato l’impresa, aperto lo stabilimento nell’area artigianale, assunto dipendenti, modernizzato l’azienda, vinto premi internazionali, rinforzato la filiera del latte locale, restando ancorato alla tradizione e ai metodi di lavorazione artigianale.
Con Franco, il Caseificio Di Nucci si fa cultura e diventa una famiglia allargata che porta avanti una storia importante che valorizza il territorio dell’Alto Molise. «Continuo a sentire accanto la figura di mio nonno Giovanni che mi guida. E la mia più grande soddisfazione è vedere come questa storia di famiglia continua e si evolve grazie ai miei tre figli».
Franco adora la Stracciata, per la sua finezza ed originalità, per la sua tipicità esclusivamente alto molisana. Ma per lui i suoi formaggi sono tutte opere d’arte, perché eredi di una storia antica, una carta d’identità per il territorio.
Rosetta si può definire la madre del Caseificio Di Nucci. Ha lavorato in ospedale per 20 anni come infermiera specializzata di sala operatoria, poi dopo aver sposato Franco Di Nucci e messo al mondo i tre figli Serena, Antonia e Francesco, si è unita all’attività di famiglia, cambiando totalmente professione.
Al Caseificio Di Nucci serviva una figura che si occupasse del settore amministrativo e Rosetta ha accettato la sfida, applicando al nuovo impiego il metodo acquisito negli anni con l’esperienza fatta con la Croce Rossa e Chieti e come infermiera. Con precisione e una buona organizzazione Rosetta ha creato un ufficio ex novo, divenendo un punto di riferimento per l’azienda. «Mi sono reinventata, prendendomi carico di diverse responsabilità, ma ho ricevuto anche tante soddisfazioni. All’inizio non conoscevo la differenza tra un documento di trasporto e una fattura. Ma ho appreso tanto e sono arrivata a gestire notevoli quantitativi di documenti». Quando ha lasciato l’ospedale, voleva dedicarsi ai suoi figli e nello stesso tempo dare un supporto nella gestione aziendale. Oggi li sta accompagnando nella condivisione delle responsabilità, per poi passare il timone. Il suo motto è: fare le cose con amore. E senza dubbio le riesce bene.
Il Caciocavallo extra stagionato è il suo formaggio preferito. Lo ama al naturale, abbinato ad un buon pane locale. «Perché è un condensato di profumi e sapori unico».
Eclettica e multitasking, Serena Di Nucci vive l’azienda come una palestra di rapporti umani e professionali, affrontando esercizi sempre nuovi e stimolanti. Ha studiato economia aziendale all’Università del Molise per poi specializzarsi a Pollenzo (CN) all’Università di Scienze Gastronomiche.
Tante le passioni nel suo cassetto, come quella per il disegno degli abiti da sposa. Ma la vocazione per il Caseificio Di Nucci, dove è nata e cresciuta, è stata più forte, e al bianco dell’abito ha preferito il bianco del latte. «È stata una scelta libera e naturale. È questa la mia dimensione». Il suo lavoro è molto trasversale: si occupa dei rapporti con i rivenditori in Italia e nel nord Europa, della gestione della vetrina online, che è stata una sua creatura, del marketing – dalla comunicazione alla promozione, dalle fiere al visual, ai social – che ha tagliato a misura dell’azienda, riuscendo a portare avanti i valori della tradizione con strumenti sempre moderni ed innovativi.
«Ogni giorno per me è un grande esercizio di temperamento di carattere: dover gestire non è imporre, ma essere il lubrificante dei meccanismi dell’azienda e delle persone». Trentatré anni e molta creatività, Serena è sempre pronta a risolvere i più disparati problemi e necessità che si presentano. La sua più grande soddisfazione? Vedere i clienti che considerano i suoi familiari e collaboratori come persone di famiglia.
La Manteca, che definisce “lussureggiante”, è uno dei suoi formaggi preferiti: per lei è la coccola, la carezza, l’emblema di un carattere, che fuori può sembrare più coriaceo e temperato, ma che dentro ha un cuore di burro.
È cresciuta nel negozio di Agnone del Caseificio Di Nucci con i fratelli Serena e Francesco, finché si è trasferita a Roma per studiare storia dell’arte in un’università internazionale per poi viaggiare tra la capitale e Napoli per una specializzazione sull’arte sacra. Dopo varie esperienze lavorative in biblioteca e in un’accademia artistica, Antonia Di Nucci ha deciso di tornare a casa. «Pensavo che la formazione in storia dell’arte fosse qualcosa di completamente lontano dal mondo del formaggio, invece questa passione si è rivelata importante ed utile intrecciata alla produzione casearia, che d’altronde è un’arte».
Un’estate Antonia, oggi trentenne, ha cominciato a fare le visite guidate in Caseificio e al Museo di Arte Casearia e della Transumanza ad ospiti stranieri, essendo molto spigliata nella lingua inglese. Le prime esperienze si sono trasformate nel suo lavoro preferito: incontrare le persone, raccontare la storia di famiglia e del formaggio, ascoltare. Oggi tutta la gestione museale e l’organizzazione degli eventi sono di sua responsabilità.
«Ci sono stati momenti commoventi negli anni: visitatori stranieri di origine italiana che si emozionano nel riscoprire la terra degli avi. Sentire questo legame così forte con la terra non ha eguali». Antonia sente di essere privilegiata nel far parte dell’azienda, la sua grande famiglia. Attenzione però quando a tavola è alle prese con il Caciocavallo di Agnone extra-stagionato: oltre a ricordarle i tempi dell’università, quando riusciva a finirne uno spicchio intero, ammette che le fa perdere il controllo.
Si è aperta a nuove prospettive lavorative, con la curiosità di imparare e di fare nuove esperienze. Romina ha 51 anni, viene da Sessano del Molise e per molto tempo è stata titolare di un negozio di articoli da regalo, frequentato dalla famiglia Di Nucci. Da oltre un anno è commessa del negozio di Isernia di Via Garibaldi 22, il corso principale della cittadina, ed è convinta della sua scelta.
«Le novità mi danno molta curiosità. E al Caseificio Di Nucci ho trovato un’azienda dinamica, che coniuga tradizione ed innovazione, che è proiettata verso il futuro guardando il passato. È un’azienda fatta di persone reali, presenti, come familiari. E i prodotti sono realmente come vengono descritti, c’è la massima trasparenza con i clienti e con i lavoratori, non c’è nulla da nascondere e questo ha un grande valore per me».
Il suo formaggio preferito è la Manteca: il burro lo mangia sul pane, ma è l’involucro esterno la sua predilezione. La Manteca le ricorda la casa di sua nonna, quando da bambina apriva il ripostiglio, perché il frigorifero non c’era, e ne prendeva qualche pezzetto. «Quel sapore di burro che sa di latte è insuperabile».
Da giovanissima ha fatto la commessa in un piccolo supermercato su Corso Garibaldi a Isernia e dopo un periodo in cui si è dedicata alla famiglia, è approdata al negozio di Isernia del Caseificio Di Nucci, ironia della sorte: sulla stessa strada, il corso principale della città.
Sono 14 anni che Olga (59 anni) accoglie clienti e buongustai ad Isernia e non cambierebbe mai il suo lavoro. «Quando sono in negozio mi sento bene, mi sento a casa. Stare a contatto con le persone è un arricchimento, si condividono idee e poi mi piace l’indipendenza che dà il lavoro». Olga svela che anche nelle giornate più fredde d’inverno, quando non si vorrebbe uscire di casa per il maltempo, arrivare in negozio per lei è una gioia. Ha creato un buon rapporto con i clienti, ai quali dispensa consigli e assaggi. «È un ambiente appagante, soprattutto da quando il negozio è stato rinnovato. Oltre ai formaggi c’è una vasta scelta di prodotti artigianali espressione del territorio, che mi piace far conoscere e suggerire in abbinamento».
La sua gioia gastronomica più grande è la Scamorza morbida, appena fatta, che Olga ama soprattutto con il pane casereccio. «Diverse persone davanti alla Scamorza morbida non resistono: la comprano e la mangiano in negozio direttamente».
Di origini lucane, è arrivata in Molise con il marito e da 21 anni lavora nel punto vendita di Agnone del Caseificio Di Nucci, in Via Roma 12, sul corso principale della cittadina.
Da ragazza aiutava la sua famiglia in un negozio di frutta e le è sempre piaciuto il contatto con le persone, parlare con loro, instaurare nuove amicizie. «Mi sento gratificata per il mio lavoro e per l’entusiasmo che vedo nei clienti. È bello parlare con loro e confrontarsi».
Ad Angela piace raccontare la storia dei formaggi, far conoscere come vengono realizzati, spesso nei minimi dettagli avendo fatto anche esperienza nel reparto produzione. «Ad esempio, se la Stracciata risulta leggermente più salata è perché è stata qualche secondo in più in salamoia. Mi piace dare risposte specifiche».
Il Caciocavallo semistagionato è il suo formaggio preferito, soprattutto fatto a tocchettini nell’insalata di pomodori. Adora quello con i buchi: «Ne vado matta».
Qualcuno lo riconoscerà a bordo del camioncino del Caseificio Di Nucci, in giro per il Molise e per l’Abruzzo, pronto a consegnare i formaggi a negozi e rivenditori.
Gino ha sempre lavorato nel settore alimentare: fino a due anni fa faceva il fruttivendolo e girava tra paesi e città con la frutta. Poi ha chiuso la sua attività ed ha incontrato il mondo caseario. Stare a contatto con le persone, d’altronde, gli è sempre piaciuto. «Mi piace consigliare e proporre dei prodotti buoni. Con i clienti c’è un rapporto molto informale, c’è collaborazione e fiducia. E c’è un bellissimo riscontro».
Il suo formaggio preferito è il Caciosalame, che Gino usa mangiare accompagnato con il pane. Ad affascinarlo, oltre al sapore, è la sua particolare storia, che ha scoperto dalle antiche lettere custodite nel Museo di Arte Casearia e della Transumanza, nelle quali si svela come l’idea di incapsulare il salame soppressata nella pasta di Caciocavallo sia nata dagli emigrati Di Nucci nel secondo dopoguerra, per superare i rigidi controlli doganali in America.
La sveglia suona molto prima dell’alba per Antonio, che alle 5 parte dallo stabilimento del Caseificio Di Nucci con il caratteristico camioncino della raccolta del latte per immergersi tra le campagne altomolisane. Si reca nelle 15 aziende agricole di Agnone e del territorio dell’Alto Molise, per raccogliere il latte fresco dagli allevamenti e portarlo in caseificio, dove sarà lavorato per produrre i formaggi.
Sono 3 anni che Antonio è l’addetto della raccolta del latte, ma ha sempre fatto l’autista, per molto tempo in un’impresa edile. Dice di essere abituato a lavorare molto, ma oggi, a 60 anni, sente di essere soddisfatto. Abita in località Marzovecchio, dove la moglie gestisce un allevamento di vacche, il primo da cui Antonio raccoglie il latte. «Mi piace la gestione del lavoro e mi piace molto il Caciocavallo di Agnone stagionato: lo mangio spesso, appena ne ho l’occasione ne prendo un pezzetto».
Ha reinventato una nuova vita, Pina, e questa seconda vita lavorativa continua ad essere stimolante per lei, giorno dopo giorno. Per diversi anni ha lavorato in una fabbrica di produzione di jeans, poi, alla sua chiusura, è entrata al Caseificio Di Nucci e con dedizione e il sostegno dei colleghi ha imparato a fare i formaggi con grande cura.
Sono trascorsi circa 10 anni da quel primo giorno e Pina non ha mai perso la voglia di mettersi in gioco. «Mi piace tanto lavorare e fare cose diverse. Al mattino faccio le Scamorze, le Stracciate, taglio la pasta. A volte vado ad aiutare in negozio ad Agnone. Oppure, quando arrivano i visitatori in Caseificio, mi occupo di sistemare il Museo di Arte Casearia e della Transumanza, aiutando a preparare i formaggi per le degustazioni».
Ciò che Pina adora è incuriosire le persone con nuovi sapori, proporre le tipologie di formaggi che non conoscono a dei nuovi clienti o dare consigli su come utilizzarli. I suoi preferiti sono i formaggi freschi, la Stracciata e la Scamorza, ma anche la Ricotta con cui si diverte a preparare dolci o primi piatti con la pasta.
È arrivata al Caseificio Di Nucci per caso, con l’intraprendenza di imparare un nuovo mestiere. Fare i formaggi all’inizio è stata una sfida, quella di entrare «in un mondo nuovo, riuscire a fare un lavoro diverso dal passato», ma da subito ha applicato la manualità, che aveva fin da piccola, all’arte casearia e dopo 15 anni ancora si meraviglia e si emoziona davanti alla trasformazione del latte in formaggio.
Mirella, 44 anni, originaria di Trivento, plasma il latte alto molisano da 15 anni, ma non ha perso la curiosità e la solerzia dei primi giorni. «Amo trasformare il latte e vedere come si arriva al prodotto finale. Ogni giorno si impara qualcosa di più e mi piace vedere i clienti soddisfatti per ciò che ho creato con le mani e la mia passione. Qualcuno con ironia mi dice: sembra che l’azienda sia tua!».
Mirella sente di essere parte della famiglia Di Nucci, nel lavoro quotidiano, nella relazione umana con i colleghi e con i titolari. «C’è un rapporto molto bello, abbiamo creato un gruppo coeso, anche nei momenti di difficoltà». Formaggio preferito? Mirella non riesce proprio a scegliere: tutti.
Questo è il 20esimo anno in cui Roberto lavora al Caseificio Di Nucci e dunque, come lui stesso si definisce, è un veterano. Molti di voi lo avranno incontrato, e magari lo riconosceranno, on the road sulle strade molisane, alla guida del furgoncino bianco con cui ogni giorno accompagna i formaggi Di Nucci al negozio di Isernia, nei diversi punti vendita convenzionati del territorio e nei ristoranti del Molise e dell’Abruzzo.
Con dedizione, Roberto prende gli ordini e prepara al mattino le confezioni con i formaggi freschi, che poi giungono sulle tavole di buongustai e appassionati. La prima tappa è al negozio di Corso Garibaldi 22 di Isernia. È lì che con il suo furgoncino Roberto trova, intorno alle 11.30, i clienti in attesa di stracciate, ricotte e scamorze appena fatte.
«Alcuni sbirciano dalle finestre per controllare il mio arrivo. E quando sono in anticipo li spiazzo. Se ritardo di qualche minuto, trovo la fila davanti al negozio. È una bella soddisfazione – racconta Roberto -, chi mi incontra riconosce i nostri prodotti ed è bello ricevere complimenti».
Il suo formaggio preferito è la Stracciata: «Più ne mangio e più ne vorrei mangiare. Da sola è perfetta, la spezzo con le mani e la gusto in bocca». Come dargli torto.
Aveva appena 20 anni quando ha cominciato ad immergersi tra i profumi del latte del laboratorio caseario. Ma il mondo dei formaggi l’ha affascinata fin da piccola, quando, incuriosita, osservava suo nonno plasmare il Caciocavallo. Un mestiere antico che il nonno non voleva rivelarle, immaginando per lei una vita altrove.
Il richiamo delle origini è stato più forte ed Ersilia, entrata al Caseificio Di Nucci “quasi per caso”, ora, ad oltre 21 anni dal primo giorno, “non cambierebbe mai il suo lavoro per un altro”. “Mio nonno non pensava fosse un lavoro per donne. Poi una volta l’ho portato in laboratorio: si è commosso”, racconta.
Appresa l’arte dai maestri casari, Ersilia è diventata abilissima nel dar vita e forma ai formaggi. Ed oggi è lei a realizzare anche le confezioni, ricche di prelibatezze, che grazie allo shop online arrivano in tutta Italia. “Mi sento orgogliosa di far parte di questa azienda storica. Ci sono cresciuta dentro – ammette -. Mi piace cogliere la soddisfazione delle persone e di far parte di un gruppo che lavora bene. Il nostro prodotto è diverso tutti i giorni”.
Il formaggio preferito di Ersilia è la Stracciata, “quella morbidissima che si sdraia lungo tutto il piatto. Mi fa impazzire con patatine fritte e maionese”. Un abbinamento originale e tenace, proprio come lei.
È un vero appassionato di Caciocavallo di Agnone, che è anche uno dei suoi formaggi preferiti e di certo non ne disdegna qualche gustoso assaggio, ma Carlo sa maneggiare la pasta filata per creare ogni tipo di formaggio tradizionale del Caseificio Di Nucci.
Da sempre con “le mani in pasta”, Carlo lavora tra i profumi del nostro laboratorio di produzione da 21 anni, dopo aver svolto diverse attività nella ristorazione e nel mondo della gastronomia. Rientrato ad Agnone, la sua cittadina d’origine, dopo l’esperienza in un forno è giunto al Caseificio Di Nucci come apprendista, esercitando quell’”occhio particolare” per svolgere questo lavoro, il quale oggi, a 59 anni, è una delle sue principali soddisfazioni. “Mi sento realizzato, perché ho un mestiere che so fare bene. Faccio qualcosa che piace alle persone e credo che questa sia una bella ricompensa”, racconta Carlo mentre osserva con cura alcune forme di Caciocavallo nelle cantine di stagionatura.
Tutto ciò che ruota intorno al Caciocavallo di Agnone è il suo regno. Dalla produzione, con la filatura della pasta fino al processo di asciugatura, la prima fase di stagionatura e poi l’attenzione minuziosa nella scelta delle forme da portare nella cantina di pietra, dove il Caciocavallo affinerà i suoi sentori anche fino a 24 mesi.
Oltre al Caciocavallo, che Carlo preferisce nella variante semi-stagionata, il suo amore caseario è la Stracciata, che gli piace accompagnare all’insalata e ai pomodori.
Lavora al Caseificio Di Nucci da 20 anni, metà della sua vita, e con il passare del tempo, come avviene con la stagionatura dei formaggi, ha affinato la sua competenza e passione.
È arrivata tra i vapori del laboratorio caseario con la curiosità di cambiare lavoro, invogliata dalla zia che grazie al suo allevamento riforniva di latte il Caseificio. «Franco Di Nucci mi mise subito all’opera. Ho iniziato a scoprire questo mondo e mi sono appassionata. Vedere ogni giorno la trasformazione del latte in formaggio, il processo di creazione è ciò che adoro di più».
Stefania è molto orgogliosa di far parte della famiglia Di Nucci: «Sento di distinguermi. Questo non è un caseificio qualunque. Ha reso Agnone famosa, e i formaggi sono riconosciuti in tutta Italia».
La Ricotta è il latticino preferito di Stefania, che svela di essere molto golosa, e quindi di usarla spesso come dolce, in abbinamento con il mosto cotto, il miele o il cacao. Come darle torto.
È la veterana del Caseificio Di Nucci. Da 33 anni le sue mani plasmano con determinazione il latte, che dà vita ai nostri formaggi artigianali.
Quando ha cominciato non era convinta di voler fare questo lavoro. Ora non lo cambierebbe con nessun altro. Prima con Antonio, poi con Franco Di Nucci, ha imparato, giorno dopo giorno, l’arte casearia. E facendo esperienza “è scattata la molla, è nata la passione”, che non l’ha più lasciata.
Lucia è una donna di famiglia. È arrivata in Caseificio quando Rosetta era incinta di Serena e ha visto nascere e crescere i tre giovani Di Nucci: Serena, Antonia e poi l’ultimo arrivato, Francesco, che le faceva scherzi e la coinvolgeva in giochi e che ora lavora con lei tra i profumi del latte da trasformare in formaggio.
Il suo preferito è il Caciocavallo di Agnone stagionato. Le ricorda la vita di campagna. Ma non è l’unico che si adopera a fare. Lucia riesce a passare, con una certa organizzazione e disinvoltura, da una preparazione all’altra, confidando nel lavoro di squadra, che è ciò che le piace di più della sua attività quotidiana.
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A presto.
Il Caseificio Di Nucci