La raccolta del latte durante l’emergenza neve

Il casaro Pasquale racconta l’avventura di raccogliere il latte nelle stalle ad alta quota dell’Alto Molise durante l’emergenza neve. Difficoltà che accomunano gli allevamenti dell’Appennino, tra bufere, cumuli di neve di 2 metri, aziende isolate. «Sono le condizioni del tempo che dettano i tempi. Ma è necessario che la raccolta avvenga, per non fermare la produzione».

Emergenza neve. Le strade del latte in Alto Molise non sempre sono percorribili. Lo dimostrano le difficoltà di questi giorni di gennaio in cui ha nevicato senza sosta per due settimane, rendendo più isolati gli allevamenti di montagna e moltiplicando il lavoro di chi lavora nella zootecnia. La neve è scesa copiosa sulle campagne del nostro territorio ad alta quota, le bufere hanno anche stavolta chiuso le strade e creato notevoli disagi, eppure ci sentiamo fortunati in questa parte di Appennino, mentre seguiamo le notizie che arrivano dal Centro Italia, dal vicinissimo Abruzzo, dalla zona dell’Aquila, di Amatrice e dalle Marche, dove l’emergenza neve si è unita al terremoto del 18 gennaio 2017, in cui piccoli produttori, imprenditori agricoli e allevatori, già vessati dal sisma di fine agosto 2016, hanno dovuto fare i conti con la mancanza d’acqua e di elettricità, con il gelo che uccide gli animali e con la terribile lentezza burocratica nell’ottenere le stalle, le case e gli aiuti necessari alla loro sopravvivenza.

Emergenza neve | La raccolta del latte non si ferma | Caseificio Di NucciEmergenza neve | La raccolta del latte non si ferma | Caseificio Di Nucci

Tantissime sono infatti le stalle crollate e tanti gli animali che purtroppo sono morti. Le tensostrutture promesse da mesi nelle zone terremotate, non sono ancora arrivate. Ci sono problemi per la raccolta del latte. La produzione è crollata del 50%. Secondo i dati resi noti dalla Coldiretti, grazie alle segnalazioni degli allevatori, sono circa 3mila le aziende in grave difficoltà. In Abruzzo oltre 300mila persone sono rimaste senza elettricità. Molte frazioni sono rimaste isolate. Tutto questo dove pulsa l’anima più fervente dell’Appennino, dove gli allevamenti e l’agricoltura hanno un ruolo centrale nell’economia. L’immagine del gregge di pecore in fila cercando di scavare un tunnel tra distese di neve ha fatto il giro nel mondo. Ci ricorda come questo mondo è diventato vulnerabile. Ci dice, a gran voce, che la zootecnia del Centro Italia va risollevata, con la massima solidarietà possibile.

Emergenza neve | La raccolta del latte non si ferma | Le strade di Agnone | Caseificio Di Nucci

Ci sentiamo fortunati qui in Alto Molise, ma conosciamo profondamente la realtà che in questi giorni Tg e giornali stanno raccontando senza sosta. Sappiamo benissimo cosa significa essere avvolti da una tormenta di neve e temere per le vacche e per gli allevatori delle 15 aziende alto molisane che forniscono ogni giorno il latte al Caseificio Di Nucci.

Emergenza neve | La raccolta del latte non si ferma | Le strade di Agnone | Caseificio Di NucciEmergenza neve | La raccolta del latte non si ferma | Le strade di Agnone | Caseificio Di Nucci

«I nostri luoghi del latte – racconta il titolare del Caseificio Franco Di Nucci – sono tra i pascoli ad alta quota fra Agnone e Capracotta: contrada Macchia, Sant’Onofrio e Secolare di Agnone e poi Rocca Labbate di Belmonte del Sannio, per citarne alcuni. Si tratta di zone in cui quando nevica c’è spesso la bufera e quindi possono esserci disagi. Una volta, a causa dell’incredibile maltempo, è capitato di non riuscire a raccogliere il latte per 8 giorni. Significa che la materia prima non può essere trasformata e dunque perdite per l’allevatore e per noi. Fino a 15 anni fa, la raccolta del latte era ancora più complicata perché avveniva con i furgoni, a cui venivano applicate le cisterne. Ora abbiamo un fuoristrada che ci aiuta ad affrontare le grandi nevicate». La famiglia Di Nucci è originaria di Capracotta, dove le nevicate sono celebri e possono superare di gran lunga i due metri, come in questo gelido gennaio. E in tutto l’Alto Molise in inverno la neve arriva sempre. «Si diceva – racconta Franco Di Nucci – quando ad Agnone piove, a Capracotta nevica. E a volte è proprio così. Ed allora, quando ero piccolo, erano gli anni ’60 – ’70, e stavo con i nonni a Capracotta, seguivamo una transumanza particolare, quella del clima: in estate ci godevamo il fresco dell’alta quota capracottese (1.421 metri di altitudine) e l’8 dicembre scendevamo ad Agnone per l’inverno. Partire per Agnone era un modo anche per cercare un clima un po’ più mite. Un tempo con condizioni climatiche come quelle di questi giorni era la norma non riuscire a raccogliere il latte. Oggi, grazie ad un collaudato sistema organizzativo e alle capacità delle persone che lavorano con noi, riusciamo quasi sempre ad avere il latte fresco e a non fermare la produzione».

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Conosciamo le difficoltà che in questi giorni ha vissuto Pasquale Zimancasse, il casaro che ogni mattina all’alba si occupa della raccolta del latte tra le impervie campagne del nostro territorio. «Quando c’è l’emergenza neve – spiega Pasquale, appena sceso dal pick up con annessa cisterna per la raccolta del latte – lavorare diventa un’incognita. Parto da Agnone alle 5.30 del mattino e non so cosa incontrerò durante la strada, se riuscirò a raggiungere tutte le stalle, anche se il Caseificio e gli  allevatori sono attrezzati ed organizzati per l’evenienza. A volte c’è bufera e si può restare fermi a lungo, oppure si possono incontrare lungo il percorso altre persone impantanate nella neve. Mi è capitato di dover aiutare a montare le catene a persone rimaste bloccate ed anche di collaborare con colleghi di altri caseifici della zona. Ed è successo anche a me di ricevere aiuto: per esempio nei giorni scorsi, solo guidando dietro allo spartineve sono riuscito a raggiungere le aziende più ad alta quota per raccogliere il latte». Pasquale dice di non ricordare negli ultimi anni una nevicata del genere, così lunga e consistente. In alcune case in zona Sant’Onofrio, contrada di Agnone che supera i 1.200 metri di altitudine, la neve ha raggiunto i balconi delle abitazioni, accumulandosi fino a 2 metri in altezza. Quando le condizioni del meteo sono queste, anche il ciclo produttivo del Caseificio può risentirne. Gli allevatori riescono a conservare il latte nei refrigeratori per pochi giorni, dunque è necessario che la raccolta avvenga, altrimenti, se non viene trasformato, è perso.

«Di solito – spiega Pasquale – il mio tour di raccolta del latte tra i 15 allevamenti che ce lo forniscono dura circa un’ora e mezza. Quando c’è la neve può durare anche 4 ore o di più. Cerco di approfittare dei brevi momenti di tregua per raggiungere le stalle. Insomma, è la condizione del tempo che detta i tempi. Due delle aziende sono rimaste isolate per 3 giorni, un allevatore ha dovuto raggiungermi sulla strada con il trattore per portarmi il latte. È un lavoro duro, ma si fa il possibile per non fermare la produzione. E siamo riusciti a non farla fermare. Se non raccolgo il latte, il Caseificio non può lavorare. Ad Isernia dove c’è uno dei negozi Di Nucci e dove di neve non ce n’è, le persone a volte non riescono ad immaginare che per avere i formaggi freschi ho dovuto affrontare la bufera per portare il latte in Caseificio e che Roberto, il collega addetto agli ordini e al loro trasporto, ha dovuto percorrere strade ghiacciate ed impervie in mezzo alla tormenta». Difficoltà che derivano dalla scelta di lavorare solo latte locale dell’Alto Molise, dalla testardaggine di difendere il lavoro degli allevatori locali anche in condizioni estreme, ripagate però dalla qualità dei prodotti e dalla consapevolezza di fornire alle persone formaggi che sono esclusivamente del territorio.

Come ha scritto Sonia Chellini, vicepresidente di Slow Food Italia, che di recente è stata in Alto Molise in occasione dell’assemblea dei sindaci dell’Appennino di Castel del Giudice, «non è l’Appennino che imprigiona… I problemi dell’Appennino erano lì prima del terremoto, prima della neve, che in Appennino cade sempre. Gli agricoltori e gli allevatori isolati lo erano anche l’inverno scorso. È un problema di sistema, non solo di emergenza».

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