La ‘Ndocciata, il più antico e grande rito del fuoco d’Italia e del mondo, torna l’8 dicembre 2018 ad illuminare Agnone, con uno spettacolo unico, che ogni anno richiama migliaia di persone e di turisti. Come sempre in questo periodo sentiamo la trepidazione dell’attesa per l’importante evento che fa parte della nostra più autentica identità. Un rituale che sentiamo nostro per le radici pastorali legate al mondo della transumanza, e perché diventa occasione per la comunità del territorio altomolisano per mostrare al mondo le tradizioni, i sapori, la bellezza artistica e naturale di una terra che vuole farsi conoscere e riconoscere.
Siamo pronti ad accogliere per il weekend dell’Immacolata i tanti visitatori che arriveranno da ogni angolo della penisola. Per farlo al meglio, abbiamo organizzato un programma di visite e degustazioni per tutto il fine settimana e in particolare il 7 dicembre, alle 16.00, l’evento “Il filo del tempo”, durante il quale tre generazioni di casari Di Nucci mostreranno l’arte della filatura della pasta filata, per terminare la serata con un apericheese, un aperitivo a base dei nostri formaggi tradizionali molisani.
Ma per immergerci nell’atmosfera della ‘Ndocciata, ci siamo chiesti: quali sono i riti del fuoco più importanti d’Italia e d’Europa? E quali i loro significati?
Per approfondire il tema, nella consapevolezza che il Molise sia la terra dei fuochi rituali, che non mancano mai di essere abbinati a cibi tradizionali condivisi davanti ai falò, abbiamo intervistato l’antropologa e professoressa dell’Università del Molise Letizia Bindi.
LA ‘NDOCCIATA DI AGNONE
8 e 24 dicembre 2018
Le radici della tradizione risalgono ai Sanniti, che usavano le grandi fiaccole come fonte di luce durante gli spostamenti. Ma la ‘ndoccia, nell’ambito della ritualità pagana, fu trasformata in simbolo dell’antico legame dell’uomo con il fuoco, divenne rito collegato al solstizio d’inverno, al passaggio delle stagioni e al ciclo annuale del sole. Concetto poi fatto proprio dal Cristianesimo, che ha inteso il fuoco come omaggio al Dio che nasce. La ‘Ndocciata tradizionale, infatti, si svolge in forma più intimistica la sera del 24 dicembre, la notte di Natale.
«I rituali del fuoco come la ‘Ndocciata – spiega Letizia Bindi – rientrano nella devozione del sacro europeo, nella necessità di mostrare lo spettacolo del sacro e illuminare i luoghi in cui si svolgono le performance della sacralità. Alcuni fuochi molisani e pugliesi hanno la specificità di essere semoventi, elemento, questo, che ne aumenta la spettacolarità, perché possono essere visti da tutti». Il fuoco tuttavia presenta nell’ambito festivo e cerimoniale molteplici significati. Si connette sicuramente al sacrificio, alle forme cerimoniali di “messa alla prova”. Al tempo stesso esso è elemento di purificazione nella simbologia più antica, nella significazione che ha ricevuto all’interno del mondo greco-romano. Il fuoco si presenta altresì come importante centro della pratica comunitaria. Nel caso della ‘Ndocciata, ad esempio, rinvia alla pastorizia. «Indossare il cappello e il tabarro, cioè il mantello a ruota, che indossano i portatori di ‘ndocce durante la sfilata, è un richiamo alla pastorizia rilevante nelle aree montane molisane e abruzzesi. Il fuoco era inteso nel mondo della transumanza anche come protettore delle greggi. Ed anche il culto mariano, che si celebra nei giorni dell’Immacolata, è molto legato alla pastorizia. Non è inoltre un caso che molti riti del fuoco accomunino il Molise e la Puglia. Le vie della transumanza erano non solo luoghi di passaggio e di comunicazione, ma anche vie attraverso le quali cui si diffondevano tradizioni e rituali».
LE FRACCHIE
19 aprile 2019 – Venerdì Santo di Pasqua
In Puglia, i rituali del fuoco sono tutelati come eventi caratterizzanti dell’identità pugliese, come sancito da una delibera regionale. A San Marco in Lamis, provincia di Foggia, le macchine rituali del fuoco si chiamano Fracchie. Cosa sono le Fracchie? Torce dalle grandi dimensioni e dalla forma conica, costruite da un tronco spaccato longitudinalmente e riempito di rami, sterpi, schegge di legno e frasche. Sono mobili come le ‘ndocce, ma diverse nella forma e nei contenuti. Le fracchie vengono trasportate su appositi carrelli, accese dalla parte più larga e appesantite con sacchi di sabbia nella parte posteriore, dove su un palo c’è l’immagine della Madonna Addolorata. Il rito si svolge infatti il Venerdì Santo, prima di Pasqua. «Torce che vengono accese per ritualizzare il passaggio dell’anno – spiega l’antropologa -, ma anche nell’idea della comunità che costruisce oggetti rituali, come forma di rinnovamento del vincolo sociale».
FANOVE E FOCARE
Fanove – 11 gennaio 2019
Focare – 16 gennaio 2019
Le Fanove di Castellana Grotte (BA) sono enormi falò fissi che vengono accesi nella notte dell’11 gennaio in onore della Madonna della Vetrana, la quale secondo tradizione preservò la città da un’epidemia di peste. Il fuoco diventa simbolo di protezione. Le Fanove accese sono circa cento ed intorno si raccoglie tutta la comunità.
Il 16 gennaio il fuoco rituale arde invece in onore di Sant’Antonio Abate per la Focara di Novoli, in Provincia di Lecce. Enorme falò alto 25 metri e composto da tralci di vite, che brucia accompagnato da fuochi d’artificio. In passato, i tizzoni della focara erano raccolti per alimentare il braciere e riscaldarsi nelle giornate fredde d’inverno. Un tempo la festa era accompagnata dalla benedizione degli animali da cortile, oggi invece si benedicono cani e gatti. Il fuoco in onore di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, è tipico anche di alcuni paesi del Molise, tra cui Pescopennataro, Vastogirardi, Pietrabbondante, Forlì del Sannio in Provincia di Isernia e poi Colletorto e Pietracatella in Provincia di Campobasso.
Falò, fanove e pire sono rituali usuali anche per rendere omaggio a San Giuseppe il 19 Marzo. In questa data in Puglia si accendono fuochi in tutto il subappenino dauno e nel territorio intorno a Bari. Sono falò in cui ci si riunisce cantando brani della tradizione popolare ed assaporando piatti antichi locali.
LAS FALLAS DI VALENCIA
15-19 marzo 2019
È una delle feste più partecipate in Spagna, Las Fallas di Valencia, che si celebra tra il 15 e il 19 marzo e che dunque è correlata ai rituali di fuoco in onore di San Giuseppe. Per le vie e i quartieri della città spagnola vengono costruite spettacolari sculture rappresentanti pupazzi allegorici (un po’ come avviene con il Carnevale), che possono arrivare ad un’altezza di oltre 30 metri. Eventi e manifestazioni arricchiscono la festa, che culmina il 19 marzo, con la cremà, quando tutti i monumenti della Fallas prendono fuoco tra la luce e i colori dei fuochi artificiali. L’origine della festa delle Fallas risale all’antica tradizione dei falegnami della città, che qualche giorno prima della festa di San Giuseppe, il loro patrono, bruciavano davanti alle botteghe e nelle strade ciò di cui non avevano più bisogno e le strutture di legno alle quali appendevano le candele che facevano loro luce mentre lavoravano durante i mesi invernali. La festa è caratterizzata da musica, bande e costumi tradizionali.
Per San Giuseppe in Basso Molise si usa fare fuochi, spiega Letizia Bindi, che sottolinea come nei rituali del fuoco di San Giuseppe e di San Giovanni, il 24 giugno ci sia l’idea di bruciare la legna vecchia, simbolo del passaggio della stagione.
LAS HOGUERAS di Alicante
19-24 giugno 2019
I fuochi di San Giovanni sono contestualizzati nel solstizio d’estate. Nei giorni del 23 e 24 giugno si accendono diversi falò in Spagna, in Grecia, nei paesi del nord Europa. In molte località, anche d’Italia, sono stati sostituiti con fuochi d’artificio. Tra i riti più famosi ci sono le Hogueras di Alicante, in Spagna. Per celebrare l’arrivo dell’estate, gli alicantini cenavano in compagnia e a mezzanotte accendevano falò, ballavano intorno al fuoco e facevano il bagno in mare. Oggi per le feste dei Falò di San Giovanni, che durano diversi giorni, vengono costruite opere d’arte effimere, le “Hogueras”, enormi figure di cartone e legno che ardono nella notte del 24 giugno.
In alcune località della Loira francese, in Catalogna, nella Spagna e nella Francia occitana, è vivo il rituale di saltare e cantare intorno al fuoco, come elemento di solidarietà tra le persone in quanto comunità e come rito propiziatorio per i raccolti. Rituali dal significato simile, ci spiega l’antropologa, avvengono in Sardegna e sono ancora vivi nelle tradizioni contadine. Si saltano i fuochi, tra le altre località, ad Ozieri, proprio per la notte di San Giovanni.
LA FAGLIA DI ORATINO
24 dicembre 2018
Dal solstizio d’estate – il giorno con maggiore luce dell’anno – al solstizio d’inverno (il giorno con minore luce), sono sempre i fuochi a segnare il passaggio del ciclo del tempo. A dicembre il sole ricomincia il suo percorso verso la luce e i rituali di fuoco celebrano il calore che ritorna. Con il passaggio alla cristianità, il fuoco è diventato simbolo del Natale, per riscaldare la notte per Gesù che nasce. Come la ‘Ndocciata, che tradizionalmente si svolge il 24 dicembre, la sera della Vigilia di Natale ‘ndocce vengono accese in altre località molisane. In Provincia di Campobasso il rituale più noto è quello della Faglia di Oratino, anch’esso dalle origini contadine. Un unico grande cero stretto e lungo, fatto di canne secche ed alto quasi 13 metri, viene trasportato a spalla dall’ingresso del paese fino alla Chiesa e incendiato di fronte alla folla.
Ti aspettiamo alla ‘Ndocciata per un fine settimana di eventi. Vieni a trovarci. Qui trovi orari ed informazioni per prenotare una visita guidata da noi e per partecipare all’evento “Il filo del tempo”.
AVVISO
Gentili clienti,
per garantire la freschezza e la qualità dei nostri prodotti, vi informiamo che per gli ordini effettuati dal 27 giugno le spedizioni ripartiranno il 25 settembre. Noi però continuiamo a lavorare e vi aspettiamo ad Agnone per degustazioni e visite guidate del Caseificio e del nostro Museo di Arte Casearia e della Transumanza.
Vi auguriamo un’estate serena. Ci vediamo ad Agnone?
Il Caseificio Di Nucci
I suoi primi ricordi al Caseificio Di Nucci risalgono a quando aveva 6 anni e si divertiva a fare scherzi ai casari intenti a creare i formaggi. Finché un giorno, è caduto nella salamoia. Ma in realtà, a Francesco, oggi 28enne, è sempre piaciuto il mondo del caseificio, tanto che ha deciso di studiare Scienze e tecnologie alimentari all’Università, prima in Molise, per poi specializzarsi a Parma.
Appena laureato si è immerso tra i vapori e profumi della produzione casearia, inizialmente affiancato dal padre Franco Di Nucci, da cui ha appreso la gestione delle paste filate, come comprendere le fermentazioni e altre competenze tecniche. Adesso è responsabile produzione e qualità: «Mi occupo di fare i campionamenti, leggere le analisi, attuare delle migliorie, nell’ottica del miglioramento continuo. È una ruota della qualità: un lavoro empirico, che tocca la microbiologia e la chimica del formaggio».
L’altra passione di Francesco è la recitazione, che intende come un tutt’uno con la vita: «sul palco si vive “il qui è ora” un concetto che va esteso alla vita stessa e anche al Caseificio». Tra tutti i formaggi, la Stracciata e il Caciocavallo gli ricordano le dispute tra bambini per chi riusciva ad aggiudicarsi la testa. Ma trova pazzesca la Scamorza con il Peperone secco dolce di Altino.
«Qui c’è sempre da imparare. Mi piace lavorare con persone che mi hanno visto crescere. Con Lucia giocavo a pallone nel retrobottega e adesso lavoro con lei e con gli altri collaboratori in equipe. Questo mi fa sentire al sicuro, mi sento a casa».
Commessa in negozio e digitale, Marcella è tra le nuove arrivate al Caseificio Di Nucci, ma dall’entusiasmo e dall’impegno che mette nel suo lavoro sembra una veterana. Ha 24 anni ed ha studiato all’Istituto Alberghiero di Agnone. Dopo aver fatto esperienza in un negozio di frutta è approdata al Caseificio Di Nucci, dove lavora al servizio dei clienti sia presso il punto vendita di Agnone in via Roma che nel reparto confezionamento del settore e-commerce, dai cui partono i formaggi che arrivano in tutta Italia.
«Imparo tante cose nuove e sono contenta di essere in un ambiente stimolante. Se ho una giornata storta, qui mi torna il sorriso». A Marcella piace spiegare quali siano i gusti delle varie stagionature e come la Stracciata all’assaggio possa destare meraviglia. Quando sta per arrivare Natale o un’altra festività, è il momento che preferisce, divertendosi a creare cesti e confezioni particolari con creatività.
La Stracciata morbida è il suo formaggio del cuore. Ma Marcella ha un segreto: adora la Scamorza di pasta di caciocavallo con il tartufo e la sua collega Pina gliene lascia una da parte appena fatta. Non ditelo a nessuno.
Ama definirsi “agnonese di Capracotta”, per l’infanzia trascorsa nel paese in cui è nato, per le estati vissute tra i profumi della latteria del nonno Giovanni sul tetto degli Appennini del Molise. Il nonno voleva che Franco Di Nucci facesse l’ufficiale dell’esercito, ma amava il suo lavoro, tanto da divenire il primo massaro ad aprire un’azienda di famiglia di proprietà. Lo conduceva spesso in questo mondo fatto di antichi saperi, dai giocattoli ideati con la pasta filata del formaggio alle storie di transumanza.
Dopo gli studi in lettere e filosofia all’Università di Napoli, Franco, che intanto aveva già conosciuto Rosetta, è tornato ad Agnone per stare con lei e mettere su famiglia. Nel 1980 ha preso possesso dell’attività con l’obiettivo, poi raggiunto, di trasformare il Caseificio Di Nucci in un’azienda. Negli anni ha ampliato l’impresa, aperto lo stabilimento nell’area artigianale, assunto dipendenti, modernizzato l’azienda, vinto premi internazionali, rinforzato la filiera del latte locale, restando ancorato alla tradizione e ai metodi di lavorazione artigianale.
Con Franco, il Caseificio Di Nucci si fa cultura e diventa una famiglia allargata che porta avanti una storia importante che valorizza il territorio dell’Alto Molise. «Continuo a sentire accanto la figura di mio nonno Giovanni che mi guida. E la mia più grande soddisfazione è vedere come questa storia di famiglia continua e si evolve grazie ai miei tre figli».
Franco adora la Stracciata, per la sua finezza ed originalità, per la sua tipicità esclusivamente alto molisana. Ma per lui i suoi formaggi sono tutte opere d’arte, perché eredi di una storia antica, una carta d’identità per il territorio.
Rosetta si può definire la madre del Caseificio Di Nucci. Ha lavorato in ospedale per 20 anni come infermiera specializzata di sala operatoria, poi dopo aver sposato Franco Di Nucci e messo al mondo i tre figli Serena, Antonia e Francesco, si è unita all’attività di famiglia, cambiando totalmente professione.
Al Caseificio Di Nucci serviva una figura che si occupasse del settore amministrativo e Rosetta ha accettato la sfida, applicando al nuovo impiego il metodo acquisito negli anni con l’esperienza fatta con la Croce Rossa e Chieti e come infermiera. Con precisione e una buona organizzazione Rosetta ha creato un ufficio ex novo, divenendo un punto di riferimento per l’azienda. «Mi sono reinventata, prendendomi carico di diverse responsabilità, ma ho ricevuto anche tante soddisfazioni. All’inizio non conoscevo la differenza tra un documento di trasporto e una fattura. Ma ho appreso tanto e sono arrivata a gestire notevoli quantitativi di documenti». Quando ha lasciato l’ospedale, voleva dedicarsi ai suoi figli e nello stesso tempo dare un supporto nella gestione aziendale. Oggi li sta accompagnando nella condivisione delle responsabilità, per poi passare il timone. Il suo motto è: fare le cose con amore. E senza dubbio le riesce bene.
Il Caciocavallo extra stagionato è il suo formaggio preferito. Lo ama al naturale, abbinato ad un buon pane locale. «Perché è un condensato di profumi e sapori unico».
Eclettica e multitasking, Serena Di Nucci vive l’azienda come una palestra di rapporti umani e professionali, affrontando esercizi sempre nuovi e stimolanti. Ha studiato economia aziendale all’Università del Molise per poi specializzarsi a Pollenzo (CN) all’Università di Scienze Gastronomiche.
Tante le passioni nel suo cassetto, come quella per il disegno degli abiti da sposa. Ma la vocazione per il Caseificio Di Nucci, dove è nata e cresciuta, è stata più forte, e al bianco dell’abito ha preferito il bianco del latte. «È stata una scelta libera e naturale. È questa la mia dimensione». Il suo lavoro è molto trasversale: si occupa dei rapporti con i rivenditori in Italia e nel nord Europa, della gestione della vetrina online, che è stata una sua creatura, del marketing – dalla comunicazione alla promozione, dalle fiere al visual, ai social – che ha tagliato a misura dell’azienda, riuscendo a portare avanti i valori della tradizione con strumenti sempre moderni ed innovativi.
«Ogni giorno per me è un grande esercizio di temperamento di carattere: dover gestire non è imporre, ma essere il lubrificante dei meccanismi dell’azienda e delle persone». Trentatré anni e molta creatività, Serena è sempre pronta a risolvere i più disparati problemi e necessità che si presentano. La sua più grande soddisfazione? Vedere i clienti che considerano i suoi familiari e collaboratori come persone di famiglia.
La Manteca, che definisce “lussureggiante”, è uno dei suoi formaggi preferiti: per lei è la coccola, la carezza, l’emblema di un carattere, che fuori può sembrare più coriaceo e temperato, ma che dentro ha un cuore di burro.
È cresciuta nel negozio di Agnone del Caseificio Di Nucci con i fratelli Serena e Francesco, finché si è trasferita a Roma per studiare storia dell’arte in un’università internazionale per poi viaggiare tra la capitale e Napoli per una specializzazione sull’arte sacra. Dopo varie esperienze lavorative in biblioteca e in un’accademia artistica, Antonia Di Nucci ha deciso di tornare a casa. «Pensavo che la formazione in storia dell’arte fosse qualcosa di completamente lontano dal mondo del formaggio, invece questa passione si è rivelata importante ed utile intrecciata alla produzione casearia, che d’altronde è un’arte».
Un’estate Antonia, oggi trentenne, ha cominciato a fare le visite guidate in Caseificio e al Museo di Arte Casearia e della Transumanza ad ospiti stranieri, essendo molto spigliata nella lingua inglese. Le prime esperienze si sono trasformate nel suo lavoro preferito: incontrare le persone, raccontare la storia di famiglia e del formaggio, ascoltare. Oggi tutta la gestione museale e l’organizzazione degli eventi sono di sua responsabilità.
«Ci sono stati momenti commoventi negli anni: visitatori stranieri di origine italiana che si emozionano nel riscoprire la terra degli avi. Sentire questo legame così forte con la terra non ha eguali». Antonia sente di essere privilegiata nel far parte dell’azienda, la sua grande famiglia. Attenzione però quando a tavola è alle prese con il Caciocavallo di Agnone extra-stagionato: oltre a ricordarle i tempi dell’università, quando riusciva a finirne uno spicchio intero, ammette che le fa perdere il controllo.
Si è aperta a nuove prospettive lavorative, con la curiosità di imparare e di fare nuove esperienze. Romina ha 51 anni, viene da Sessano del Molise e per molto tempo è stata titolare di un negozio di articoli da regalo, frequentato dalla famiglia Di Nucci. Da oltre un anno è commessa del negozio di Isernia di Via Garibaldi 22, il corso principale della cittadina, ed è convinta della sua scelta.
«Le novità mi danno molta curiosità. E al Caseificio Di Nucci ho trovato un’azienda dinamica, che coniuga tradizione ed innovazione, che è proiettata verso il futuro guardando il passato. È un’azienda fatta di persone reali, presenti, come familiari. E i prodotti sono realmente come vengono descritti, c’è la massima trasparenza con i clienti e con i lavoratori, non c’è nulla da nascondere e questo ha un grande valore per me».
Il suo formaggio preferito è la Manteca: il burro lo mangia sul pane, ma è l’involucro esterno la sua predilezione. La Manteca le ricorda la casa di sua nonna, quando da bambina apriva il ripostiglio, perché il frigorifero non c’era, e ne prendeva qualche pezzetto. «Quel sapore di burro che sa di latte è insuperabile».
Da giovanissima ha fatto la commessa in un piccolo supermercato su Corso Garibaldi a Isernia e dopo un periodo in cui si è dedicata alla famiglia, è approdata al negozio di Isernia del Caseificio Di Nucci, ironia della sorte: sulla stessa strada, il corso principale della città.
Sono 14 anni che Olga (59 anni) accoglie clienti e buongustai ad Isernia e non cambierebbe mai il suo lavoro. «Quando sono in negozio mi sento bene, mi sento a casa. Stare a contatto con le persone è un arricchimento, si condividono idee e poi mi piace l’indipendenza che dà il lavoro». Olga svela che anche nelle giornate più fredde d’inverno, quando non si vorrebbe uscire di casa per il maltempo, arrivare in negozio per lei è una gioia. Ha creato un buon rapporto con i clienti, ai quali dispensa consigli e assaggi. «È un ambiente appagante, soprattutto da quando il negozio è stato rinnovato. Oltre ai formaggi c’è una vasta scelta di prodotti artigianali espressione del territorio, che mi piace far conoscere e suggerire in abbinamento».
La sua gioia gastronomica più grande è la Scamorza morbida, appena fatta, che Olga ama soprattutto con il pane casereccio. «Diverse persone davanti alla Scamorza morbida non resistono: la comprano e la mangiano in negozio direttamente».
Qualcuno lo riconoscerà a bordo del camioncino del Caseificio Di Nucci, in giro per il Molise e per l’Abruzzo, pronto a consegnare i formaggi a negozi e rivenditori.
Gino ha sempre lavorato nel settore alimentare: fino a due anni fa faceva il fruttivendolo e girava tra paesi e città con la frutta. Poi ha chiuso la sua attività ed ha incontrato il mondo caseario. Stare a contatto con le persone, d’altronde, gli è sempre piaciuto. «Mi piace consigliare e proporre dei prodotti buoni. Con i clienti c’è un rapporto molto informale, c’è collaborazione e fiducia. E c’è un bellissimo riscontro».
Il suo formaggio preferito è il Caciosalame, che Gino usa mangiare accompagnato con il pane. Ad affascinarlo, oltre al sapore, è la sua particolare storia, che ha scoperto dalle antiche lettere custodite nel Museo di Arte Casearia e della Transumanza, nelle quali si svela come l’idea di incapsulare il salame soppressata nella pasta di Caciocavallo sia nata dagli emigrati Di Nucci nel secondo dopoguerra, per superare i rigidi controlli doganali in America.
La sveglia suona molto prima dell’alba per Antonio, che alle 5 parte dallo stabilimento del Caseificio Di Nucci con il caratteristico camioncino della raccolta del latte per immergersi tra le campagne altomolisane. Si reca nelle 15 aziende agricole di Agnone e del territorio dell’Alto Molise, per raccogliere il latte fresco dagli allevamenti e portarlo in caseificio, dove sarà lavorato per produrre i formaggi.
Sono 3 anni che Antonio è l’addetto della raccolta del latte, ma ha sempre fatto l’autista, per molto tempo in un’impresa edile. Dice di essere abituato a lavorare molto, ma oggi, a 60 anni, sente di essere soddisfatto. Abita in località Marzovecchio, dove la moglie gestisce un allevamento di vacche, il primo da cui Antonio raccoglie il latte. «Mi piace la gestione del lavoro e mi piace molto il Caciocavallo di Agnone stagionato: lo mangio spesso, appena ne ho l’occasione ne prendo un pezzetto».
Questo è il 20esimo anno in cui Roberto lavora al Caseificio Di Nucci e dunque, come lui stesso si definisce, è un veterano. Molti di voi lo avranno incontrato, e magari lo riconosceranno, on the road sulle strade molisane, alla guida del furgoncino bianco con cui ogni giorno accompagna i formaggi Di Nucci al negozio di Isernia, nei diversi punti vendita convenzionati del territorio e nei ristoranti del Molise e dell’Abruzzo.
Con dedizione, Roberto prende gli ordini e prepara al mattino le confezioni con i formaggi freschi, che poi giungono sulle tavole di buongustai e appassionati. La prima tappa è al negozio di Corso Garibaldi 22 di Isernia. È lì che con il suo furgoncino Roberto trova, intorno alle 11.30, i clienti in attesa di stracciate, ricotte e scamorze appena fatte.
«Alcuni sbirciano dalle finestre per controllare il mio arrivo. E quando sono in anticipo li spiazzo. Se ritardo di qualche minuto, trovo la fila davanti al negozio. È una bella soddisfazione – racconta Roberto -, chi mi incontra riconosce i nostri prodotti ed è bello ricevere complimenti».
Il suo formaggio preferito è la Stracciata: «Più ne mangio e più ne vorrei mangiare. Da sola è perfetta, la spezzo con le mani e la gusto in bocca». Come dargli torto.
Aveva appena 20 anni quando ha cominciato ad immergersi tra i profumi del latte del laboratorio caseario. Ma il mondo dei formaggi l’ha affascinata fin da piccola, quando, incuriosita, osservava suo nonno plasmare il Caciocavallo. Un mestiere antico che il nonno non voleva rivelarle, immaginando per lei una vita altrove.
Il richiamo delle origini è stato più forte ed Ersilia, entrata al Caseificio Di Nucci “quasi per caso”, ora, ad oltre 21 anni dal primo giorno, “non cambierebbe mai il suo lavoro per un altro”. “Mio nonno non pensava fosse un lavoro per donne. Poi una volta l’ho portato in laboratorio: si è commosso”, racconta.
Appresa l’arte dai maestri casari, Ersilia è diventata abilissima nel dar vita e forma ai formaggi. Ed oggi è lei a realizzare anche le confezioni, ricche di prelibatezze, che grazie allo shop online arrivano in tutta Italia. “Mi sento orgogliosa di far parte di questa azienda storica. Ci sono cresciuta dentro – ammette -. Mi piace cogliere la soddisfazione delle persone e di far parte di un gruppo che lavora bene. Il nostro prodotto è diverso tutti i giorni”.
Il formaggio preferito di Ersilia è la Stracciata, “quella morbidissima che si sdraia lungo tutto il piatto. Mi fa impazzire con patatine fritte e maionese”. Un abbinamento originale e tenace, proprio come lei.
È un vero appassionato di Caciocavallo di Agnone, che è anche uno dei suoi formaggi preferiti e di certo non ne disdegna qualche gustoso assaggio, ma Carlo sa maneggiare la pasta filata per creare ogni tipo di formaggio tradizionale del Caseificio Di Nucci.
Da sempre con “le mani in pasta”, Carlo lavora tra i profumi del nostro laboratorio di produzione da 21 anni, dopo aver svolto diverse attività nella ristorazione e nel mondo della gastronomia. Rientrato ad Agnone, la sua cittadina d’origine, dopo l’esperienza in un forno è giunto al Caseificio Di Nucci come apprendista, esercitando quell’”occhio particolare” per svolgere questo lavoro, il quale oggi, a 59 anni, è una delle sue principali soddisfazioni. “Mi sento realizzato, perché ho un mestiere che so fare bene. Faccio qualcosa che piace alle persone e credo che questa sia una bella ricompensa”, racconta Carlo mentre osserva con cura alcune forme di Caciocavallo nelle cantine di stagionatura.
Tutto ciò che ruota intorno al Caciocavallo di Agnone è il suo regno. Dalla produzione, con la filatura della pasta fino al processo di asciugatura, la prima fase di stagionatura e poi l’attenzione minuziosa nella scelta delle forme da portare nella cantina di pietra, dove il Caciocavallo affinerà i suoi sentori anche fino a 24 mesi.
Oltre al Caciocavallo, che Carlo preferisce nella variante semi-stagionata, il suo amore caseario è la Stracciata, che gli piace accompagnare all’insalata e ai pomodori.
Lavora al Caseificio Di Nucci da 20 anni, metà della sua vita, e con il passare del tempo, come avviene con la stagionatura dei formaggi, ha affinato la sua competenza e passione.
È arrivata tra i vapori del laboratorio caseario con la curiosità di cambiare lavoro, invogliata dalla zia che grazie al suo allevamento riforniva di latte il Caseificio. «Franco Di Nucci mi mise subito all’opera. Ho iniziato a scoprire questo mondo e mi sono appassionata. Vedere ogni giorno la trasformazione del latte in formaggio, il processo di creazione è ciò che adoro di più».
Stefania è molto orgogliosa di far parte della famiglia Di Nucci: «Sento di distinguermi. Questo non è un caseificio qualunque. Ha reso Agnone famosa, e i formaggi sono riconosciuti in tutta Italia».
La Ricotta è il latticino preferito di Stefania, che svela di essere molto golosa, e quindi di usarla spesso come dolce, in abbinamento con il mosto cotto, il miele o il cacao. Come darle torto.
È la veterana del Caseificio Di Nucci. Da 33 anni le sue mani plasmano con determinazione il latte, che dà vita ai nostri formaggi artigianali.
Quando ha cominciato non era convinta di voler fare questo lavoro. Ora non lo cambierebbe con nessun altro. Prima con Antonio, poi con Franco Di Nucci, ha imparato, giorno dopo giorno, l’arte casearia. E facendo esperienza “è scattata la molla, è nata la passione”, che non l’ha più lasciata.
Lucia è una donna di famiglia. È arrivata in Caseificio quando Rosetta era incinta di Serena e ha visto nascere e crescere i tre giovani Di Nucci: Serena, Antonia e poi l’ultimo arrivato, Francesco, che le faceva scherzi e la coinvolgeva in giochi e che ora lavora con lei tra i profumi del latte da trasformare in formaggio.
Il suo preferito è il Caciocavallo di Agnone stagionato. Le ricorda la vita di campagna. Ma non è l’unico che si adopera a fare. Lucia riesce a passare, con una certa organizzazione e disinvoltura, da una preparazione all’altra, confidando nel lavoro di squadra, che è ciò che le piace di più della sua attività quotidiana.
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Sarà più facile restare in contatto e rimanere informati.
A presto.
Il Caseificio Di Nucci